In italiano le chiameremmo chiacchiere da bar: quei discorsi generici tra colleghi e conoscenti quando capita di trovarsi insieme a prendere un caffè alla macchinetta: durano poco, significano poco. Ma servono (in teoria) a molto.
Credo, infatti, che siano i primi passi per costruire un rapporto. Li immagino come delle sonde che vengono inviate nello spazio alla cieca: la maggior parte non trova nulla, e cade nel vuoto come un commento sull'ennesimo weekend di pioggia, ma una ogni mille sbatte contro qualcosa e fa tornare un segnale. Ah ascolti musica Japanoise? Anche tu usi le calze con le dita?
Voila! Ora siete un po' più che conoscenti.
Ecco, io questa cosa temo di non saperla più fare. Non solo, ma mi accorgo che a volte neanche reagisco quando quando qualcuno mi parla. Non è che li ignoro: registro e capisco tutto (più o meno), solo che non reagisco; neanche con un’espressione. Figuriamoci una frase.
Nella mia visione altamente semplicistica della cosa, attribuisco la colpa agli ultimi mesi passati a interagire attraverso meeting online. Più precisamente, lezioni fatte online. Precisazione importante perché in un meeting di lavoro - prima o poi - ti tocca parlare, interagire; quando sei studente, invece, questa cosa non sei “obbligato” a farla. Certo, sarebbe meglio sia per lo studente che per l’insegnante se ci fosse un minimo di interazione, ma lo studente (leggi: io) il più delle volte lascia che la sua capacità di interazione si atrofizzi: tanto non c’è nessuno che ti vede, dato che abbiamo le webcam spente per non consumare preziosa, preziosa banda (e perché tenerle accese inquina parecchio).

La cosa positiva è che non sono l’unico a non saper più fare queste chiacchiere inutili: vedo colleghi e amici che non sanno bene come si risponde a un originalissimo commento sulla pandemia e, semplicemente, lasciano cadere il discorso.
La cosa, detto con tutta franchezza, non mi dispiace. Non sento il bisogno di riempire un silenzio imbarazzante come Ciuchino con Shrek, quindi non mi strappo le vesti se un collega che vedo una volta a settimana non mi dice per la dodicesima volta quanto sia difficile avere i figli in DAD.
Certo, sarebbe meglio almeno ricominciare a reagire, cosi il mio capo non pensa che io lo stia completamente ignorando… Magari potrei iniziare mettendo il telefono in tasca quando mi parla… Forse col tempo, al mio prossimo lavoro…
La verità è che non so bene come concludere questa storia, magari col tempo imparo anche a scrivere newsletter che abbiano un senso (o quanto meno una conclusione divertente). Questa prendetela cosi, godetevi il fatto che non dovete memorizzare niente di questo. É sabato, non dovete fare nulla e questa mail che state leggendo è assolutamente inutile: una mail intera di chiacchiere da bar.
Aspetta… ma quindi son guarito?