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Industrie permeabili
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Industrie permeabili

Daniele Selmi
Nov 27, 2021
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La permeabilità è quella proprietà di alcuni corpi o superfici che si lasciano attraversare da gas o da liquidi; è una cosa che si studia alle elementari, io me la ricordo per le lezioni di geografia sugli strati del terreno piu o meno permeabili all'acqua.

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Aspetta che mi appunto la grandezza del cazzo che me ne frega

Presa in senso più metaforico, si dice che i confini tra le varie industrie stiano diventando sempre più permeabili. Pensate ad Apple: [ma bastaaa parli sempre delle stesse coseeee] la si associa ai propri dispositivi, eppure è anche nel mondo della produzione multimediali e delle piattaforme on-demand con Apple TV+, e del mercato delle app con Apple Store. Lo stesso vale per Amazon [ancoraaaaaaa]: la (lo?) conosciamo principalmente come ecommerce, ma è anche nel mercato SVOD (Subscription Video On Demand) con Prime Video, dei servizi web con Amazon Web Services, dei device con Kindle e Alexa, di vendita diretta di oggetti con i prodotti Amazon Basics, ecc.

Sebbene - come tutto - questo fenomento sia ora più evidente e sotto gli occhi di tutti, i business model delle aziende - ovvero la pianificazione di come un'azienda funziona, cosa fa, quali sono i suoi clienti e soprattutto come fa a fare soldi -  non sono sempre chiari e limpidi. Nessuno dice che le aziende siano cattive e facciano le cose di nascosto, semplicemente che sono gestite da persone molto intelligenti che trovano sempre nuovi modi di fare soldi, a volte molto più lucrativi di quelli con cui sono iniziate e con cui sono diventate famose.

Si dice di McDonald's che è un'azienda di proprietà immobiliari, perchè (almeno in America) possiede i terreni su cui sono costruiti i propri ristoranti e di Harvard e Stanford che siano dei fondi di investimento con delle università, visti gli investimenti che fanno con i loro soldi (visto quello che costano le rette...)

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Lei è ricca ma non sa contare

C'è da dire che, solitamente, i confini che vengono infranti sono ovvi (quando ci si pensa a cose fatte). Amazon è in tante industrie più o meno affini: e-commerce, servizi web, produzione di prodotti che vende sull'e-commerce, abbonamento ai suoi servizi di delivery con prime, ampliamento di questi servizi con prime video, prime photo, e compagnia cantante. Lo stesso vale per Apple: dispositivi ben fatti, su cui funzionano app che vendono nell'App Store; tra questi dispositivi c'è Apple TV, per cui poi viene lanciata Apple TV+. [parla di Apple ancora una volta...]

C'è però un particolare confine tra due industrie che trovo interessante perchè neanche pensavo esistesse e tutt'ora mi lascia sorpreso: le banche e i bar.

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Si Barak, giuro

Intesa Sanpaolo

[Oddio che palle no ti prego che roba vecchia]

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Lo so, portate pazienza.

Era l'ormai lontano 2018, ed eravamo in una filiale di Intesa Sanpaolo per il rogito del mio appartamento; ci hanno fatto aspettare in una sala d'attesa molto più bella di quanto mi aspettassi: divanetti, caramelle, televisori; niente a che vedere con le quattro sedie buttate contro un muro e del marmo degli anni '70 che mi aspettavo.

Quando l'abbiamo fatto notare ci è stato spiegato che Intesa stava mettendo in atto un nuovo progetto per ristrutturare le sue filiali; detto brutalmente, a nessuno piace andare in banca, ma ci piace andare in bar, musei e bei posti: loro volevano rendere le filiali meno banche e più come gli altri posti.

L'esempio più lampante di questa iniziativa è stata la collaborazione con Iginio Massari per l'apertura di uno store nella filiale di piazza Armando Diaz a Milano, dietro al museo del 900, per intenderci.

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Lo store di Iginio Massari, nella filiale Intesa Sanpaolo di piazza Armando Diaz 4 a Milano

Quindi abbiamo una banca che decide che si deve travestire da bar, ma il bello è quando avviene il contrario

Starbucks

[No pure Starbucks no... ti pare che mi faccio la coda per comprare una brodaglia imbevibile? si son bravi e tutto ma comunque il caffè fa schifo, sempre a parlare di sta roba, maledetti filoamericani]

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Una premessa: ricordatevi che - anche se in Italia non è proprio proprio ben visto - in America e in Canada Starbucks è una potenza, al punto da generare quello che è noto come "Frappuccino Effect", ovvero il fatto che una casa aumenta di valore tanto più è vicina a uno Starbucks.

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Quello che è fico di Starbucks è un'invenzione che hanno portato sul mercato con molto più successo di altri: le carte fedeltà. Si stima che il 41% dei clienti le usi o con l'app o con la versione fisica.

Come funzionano? Poco importa il dettaglio [e allora cosa ne parli a fare?] ma si possono guadagnare punti con gli acquisti, comprare i prodotti in anticipo per saltare la coda, mandare buoni regalo e soprattutto usarle per pagare in negozio. Questo comporta il fatto che su questa carta vengano caricati dei soldi, ed ecco dove la cosa si fa interessante.

Nessuno (o quasi nessuno) ci carica migliaia di dollari (immagino), però Starbucks serve più di 100 milioni di clienti in tutto il mondo; per farla breve, a fine 2019 Starbucks ha riportato che complessivamente i suoi clienti avevano 1,56 miliardi di dollari sulle carte prepagate.

Per noi poracci 1,56 miliardi di dollari possono sembrare tanti, ma non tantissimi se si pensa come ad una multinazionale di questo calibro (guardando a PayPal parliamo di $13 miliardi sui conti dei propri utenti), eppure l'85% delle banche americane ha meno di 1 miliardo in asset. [non ho capito, son tanti o no?]

É anche vero che Starbucks dice che questi fondi vengono utilizzati entro l'anno, ma nel frattempo i clienti stanno prestando miliardi all'azienda, a interessi 0 (senza poi contare quella parte di soldi che non vengono mai più usati dai clienti, $125 milioni solo nel 2019). Con questi soldi Starbucks ci può fare quello che vuole.

Le banche sono aziende molto particolari, che devono sottostare a regole e leggi ben precise; investono i soldi dei propri correntisti ma sanno che quando un cliente viene in banca a prelevare i soldi si aspetta di trovarli. I soldi sulle carte fedeltà di Starbucks non verrano mai prelevati dai clienti, non sono li per quello. Il peggio che può succedere è che li usino per comprare del caffè, ma formalmente quei soldi sono già di Starbucks.

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Un paragone italiano potrebbe essere con Satispay, Paypal o Amazon: quando chiedo un reso e mi propongono di mandarmi i soldi sul conto Amazon o su quello Paypal non mi faccio nessun problema, sono aziende che funzionano talmente bene e cosi presenti nella mia vita che so che prima o poi li userò.

Ecco, le aziende ringraziano.

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